LE MASCHERE: GIANGURGOLO E COVIELLO

DAL POST FACEBOOK DELLA PAGINA CALABRIA STORICA E ARCHEOLOGICA

La storia di Giangurgolo, viene ricondotta ad un personaggio che pare sia realmente vissuto nella città di Catanzaro. La storia narra che durante una battuta di caccia, egli cercò di salvare uno spagnolo aggredito da briganti. Nonostante le sue cure, lo spagnolo morì lasciandogli la sua eredità ed una lettera dove spiegava come salvare Catanzaro dalla dominazione spagnola. Da qui, Giangurgolo iniziò una propria strategia, con l’ausilio di un teatro ambulante egli mise in scena spettacoli satirico-politici affinchè il popolo catanzarese si opponesse al regno spagnolo. Il suo piano però non raggiunse lo scopo e lo stesso venne condannato a morte.Il suo nome, secondo l’etimologia, significherebbe “Gianni golapiena” o “ Gianni ingordo”, per sottolineare ciò che lo ha anche reso famoso: la fame e l’ingordigia. Giangurgolo ha un naso enorme e una spada altrettanto smisurata che pende su un fianco, indossa un alto cappello a cono, un corpetto stretto e soprattutto i pantaloni a sbuffo a strisce gialle e rosse, particolare significativo che riproduce i colori del regno degli Aragona. La maschera dunque rappresenta uno scherzo verso i dominatori aragonesi e spagnoli.

Coviello è una maschera che risale al Cinquecento ed è una tra le maschere teatrali che più sfugge ad una definizione. Né il suo ruolo scenico né il costume presentano infatti nel tempo la regolarità che consentirebbe di ancorarli a un “tipo”. Il suo nome deriva per contrazione da Iacoviello, corrispondente in italiano a Giacometto. La sua parte d’attore nella commedia dell’arte, cambia sovente secondo la trama e a seconda delle esigenze della commedia e delle caratteristiche dell’interprete; a volte è un servo altre un bravo, oppure un buon padre di famiglia o avido albergatore, Coviello venne definito, la maschera delle maschere, la traduzione scenica del tema della variazione affidato a un personaggio inafferrabile e imprevedibile. “Coviello, cui è talvolta attribuito un cognome variabile quale Citrullo, Citrulli, Ciavala, Gazzo o Cardocchia, si presenta come una figura poliforma, da mille volti e da molteplici atteggiamenti.” Il costume del personaggio non è ben definito. In alcune incisioni del Seicento di Francesco Bertarelli viene raffigurato con lunghi pantaloni attillati allacciati sui fianchi, un corpetto aderente e una corta mantella. Indossa anche una maschera nera con un naso enorme sopra il quale poggiano degli occhiali smisurati. Elemento costante anche un mandolino.

Lascia un commento